Vittorio Agnoletto, il medico di Milano che nel 2001 fu portavoce del Genoa Social Forum durante le proteste contro il G8, nonché ex-eurodeputato per il Partito della Rifondazione Comunista, è noto anche in Ticino: ha partecipato alle giornate autogestite nei licei, viene intervistato sul settimanale sindacale «Area» edito da UNIA e regolarmente assiste alle proiezioni del Festival del film di Locarno con il deputato comunista Massimiliano Ay da anni suo amico. Nelle ultime settimane è stato protagonista di uscite molto nette nel corso di una trasmissione che conduce su Radio Popolare, storica emittente meneghina vicina alle sensibilità della sinistra italiana: il medico si è infatti espresso duramente su alcune questioni relative alla gestione della pandemia da Coronavirus.
La scienza piegata al governo?
Agnoletto non risparmia critiche ai media maistream: «sono ormai diventati dei megafoni dei comunicati stampa delle aziende farmaceutiche. Non c’è nessun tentativo di approfondimento, di scavare. Ma dietro – a parte i problemi di dipendenza e di conflitti di interesse col potere delle Big Pharma – c’è un’idea: considerare i cittadini un po’ come bambini, come incapaci di assumersi delle responsabilità. Si tende sempre a semplificare il messaggio e così si rischia anche di dire delle stupidate che poi vengono smentite».
Ma i problemi sono a monte secondo il medico comunista: «Il primo errore è stato confondere le aree di intervento dell’informazione, della scienza e della politica. La scienza è importante, ma deve rimanere nel suo ruolo. Deve dire: ‘Fino a qui abbiamo delle certezze, da qui in poi abbiamo delle ipotesi da verificare, oltre abbiamo dei punti di domanda ancora da esplorare totalmente’. (…) La politica, di fronte ai dati scientifici, deve assumersi le responsabilità, il diritto e dovere di decidere senza piegare la scienza ai propri desiderata. E la scienza non deve farsi piegare ai desiderata della politica». Secondo Agnoletto la scienza, in questa crisi, si è piegata totalmente ai governi. «La scienza si è lasciata andare a dire quello che la politica in quel momento voleva sentirsi dire. Ad esempio dicendo che saremmo arrivati all’immunità di gregge, oppure che con il vaccino avremmo potuto tutti fare una vita tranquilla, oppure ancora l’esaltazione degli Open Day di Astrazeneca».
«Avanti uno e dietro quell’altro»: i vaccini non si somministrano così
A Vittorio Agnoletto, membro del comitato direttivo dell’associazione Medicina Democratica all’interno del quale si occupa proprio di monitorare la gestione del COVID-19, proprio non piacciono le modalità con cui si è portata avanti la campagna di vaccinazione di massa: «Per chiunque si occupi di sanità pubblica, gli Open Day di Astrazeneca sono un controsenso, perché gli interventi di sanità sono rivolti alla singola persona: per ognuno bisogna valutare se un vaccino va bene oppure no, che patologie pregresse abbia, che allergie abbia e via dicendo. Non sono una festa popolare nella quale la gente si mette in coda. (…) E la scienza su tutto questo ha taciuto, è stata zitta, e questo non va assolutamente bene».
Un dubbio, quello sollevato dal medico italiano, che già emergeva in Ticino da una interrogazione dello scorso mese di agosto al Consiglio di Stato nella quale i deputati del Partito Comunista, se da un lato auspicavano una campagna vaccinale di prossimità soprattutto per le persone a rischio, chiedevano se per quanto riguardava i dispositivi mobili per la vaccinazione vi fossero «controindicazioni sia di carattere sanitario o di carattere organizzativo a questo genere di approccio». Il governo ticinese finora non ha ancora risposto ai granconsiglieri Ay e Ferrari.

Gli effetti collaterali vanno spiegati in modo trasparente
Il dottor Agnoletto durante la citata trasmissione radiofonica ha poi rotto anche altri tabù: «Io non credo che sia un’opera utile che i grandi media tacciano degli effetti collaterali delle vaccinazioni. (…) Gli effetti collaterali ci sono. Alcuni sono banali, semplici, che si risolvono in 48 ore, ma ci sono anche effetti collaterali più pesanti che possono durare per settimane e mesi. Se questo non viene detto, quando uno fa un vaccino e poi dopo sviluppa degli effetti collaterali, si preoccupa moltissimo perché pensa di essere un caso quasi unico e la prima cosa che fa è dire a chi gli sta intorno di aspettare a fare il vaccino. Se invece gli effetti collaterali sono spiegati, relativizzandoli anche nella loro numerosità, spiegando anche che il rapporto tra rischio e beneficio è comunque favorevole a quest’ultimo, se si spiega che chi ha certe patologie pregresse è bene che faccia il vaccino in ospedale e che si consulti prima con un medico, non solo ridurremmo gli effetti collaterali, ma manderemmo un messaggio più corretto, che in qualche modo tranquillizza le persone, ma soprattutto stabilisce un rapporto di verità».
La European Medicines Agency si fida delle multinazionali
Degna di nota anche la posizione espressa riguardo a ruolo e indipendenza degli enti regolatori: il leader dei no-global di Genova spiega infatti che «l’ente regolatorio europeo non ha un’autonomia finanziaria, per cui non può andare direttamente a verificare dei trial ed eventualmente a rifarli, ma lavora solo e unicamente sulla documentazione presentata dalle aziende farmaceutiche. In più c’è una porta girevole, per cui a volte ai vertici di EMA si trova chi prima era in azienda farmaceutica e viceversa. L’EMA va riformata. Deve avere maggiore autonomia e quindi maggiore credibilità scientifica».