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Gli autisti di Uber sono dei dipendenti con dei diritti: il tribunale lo conferma!

Secondo diverse sentenze del Tribunale delle assicurazioni sociali del cantone di Zurigo rese pubbliche il 20 dicembre 2021, gli autisti di Uber non vanno considerati come lavoratori autonomi. Si tratta di sentenze che confermano la decisione di un tribunale di Ginevra, che aveva classificato UberEats come, appunto, un datore di lavoro. Finalmente anche la giustizia riconosce dunque ora gli importanti abusi riscontrati nella cosiddetta “economia delle piattaforme”.

Il sindacato è sollevato dalla sentenza: “ora ci vuole un CCL”

Il sindacato svizzero Syndicom ha accolto con favore queste sentenze, in quanto da tempo si trova impegnato in campagne per migliorare la protezione sociale e le condizioni di lavoro dei dipendenti del settore. Dopo che diverse autorità in Svizzera hanno già ritenuto illegale la logica e la pratica di Uber, è ora il turno del Tribunale delle assicurazioni sociali di Zurigo a confermare questa decisione. Che assuma direttamente o meno del personale, secondo la giustizia elvetica, la multinazionale americana è a tutti gli effetti un datore di lavoro. E come tale esso è chiamato ad assumere i suoi autisti, pagare i contributi sociali e, in futuro, persino negoziare anche con le associazioni professionali di categoria e i sindacati. David Roth, segretario sindacale per il settore della logistica, afferma senza mezzi termini che «i gestori delle piattaforme devono finalmente assumersi le loro responsabilità come datori di lavoro e come tali Uber & Co. hanno anche il dovere di affrontare le condizioni di lavoro dei loro dipendenti e di negoziare contratti collettivi di lavoro».

Syndicom reclama da tempo la conclusione di un contratto collettivo per il settore delle consegne a domicilio.

I comunisti: «la sharing economy fomenta il precariato»

Sia Uber che UberEats sono stati infatti a lungo riluttanti ad assumersi la responsabilità dei loro dipendenti. Per fortuna adesso, obbligando queste piattaforme a pagare i contributi sociali, si fa un positivo passo avanti, spiega Alberto Togni, membro della Direzione del Partito Comunista che già in passato di era occupato della questione (leggi qui). «La cosiddetta sharing economy nasconde non poche insidie per i lavoratori – continua Togni – i conducenti di Uber non erano infatti considerati come impiegati ma come semplici fruitori dell’app ed erano quindi privi di qualsiasi tutela». Massimiliano Ay, deputato al Gran Consiglio ticinese e membro della sua Commissione Economia e Lavoro denuncia: «in questo modo per anni si è creato un oligopolio che ha fatto profitti esorbitanti fomentando la precarietà di chi aveva bisogno».