La Serbia del presidente Aleksandar Vučić è uno dei pochi paesi europei che ha saputo difendere la propria sovranità: non ha ceduto alla russofobia dilagante, non ha adottato le sanzioni contro Mosca, non si è allineata al blocco imperialista atlantico e ha mantenuto una politica di neutralità nel contesto dell’esplosione della crisi ucraina. Questa sua linea politica di indipendenza è influenzata anche dal fatto che, nei cittadini serbi è ancora forte il ricordo di quel tragico 1999, quando gli USA e l’UE attraverso la NATO – dopo aver fomentato scontri etnici con la minoranza albanese – bombardarono Belgrado, occuparono il Kosovo sostenendone in seguito la secessione dalla Serbia. Un’umiliazione nazionale che impedisce oggi ai serbi di cedere facilmente alla propaganda occidentale che vuole dipingere la NATO come un’alleanza di difesa e fautrice di democrazia.
La maggioranza dei serbi: “Sì alla cooperazione con Russia e Cina!”
Benché secondo un recente sondaggio oltre il 63% dei cittadini auspichi relazioni più strette possibili con la Russia, la Cina e i Paesi emergenti riuniti nei BRICS, per il governo di Belgrado la situazione inizia a diventare sempre più difficile. Per i governi occidentali succubi di Washington, infatti, i desideri del popolo serbo non hanno alcun peso. Proprio questo atteggiamento fiero sta infatti costando parecchio all’amministrazione serba: le pressioni da parte di USA e UE sono enormi affinché la Serbia – isolata nel vecchio continente – ceda all’arroganza atlantica. Le recenti dimissioni dell’unico ministro marxista attivo nel governo serbo hanno fatto temere un riallineamento di Belgrado sull’asse atlantico, ma esse sembrano più che altro un mero tatticismo politico: a differenza della Svizzera, infatti, la Serbia ha un governo patriottico composto di persone preparate (e non di politici di milizia incompetenti in fatto di politica internazionale) che prova ancora a resistere: il Paese balcanico si ostina infatti a non farsi imporre da Bruxelles e Washington con chi intrattenere relazioni diplomatiche.
L’UE vuole cancellare la sovranità persino della Repubblica Srpska!
Di fronte a quella che gradualmente si sta evidenziando come una pesante sconfitta occidentale in Ucraina, Washington e Bruxelles hanno aumentato la pressione sia sulla Serbia sia sulla Repubblica Srpska (l’enclave serba in Bosnia-Erzegovina). La Serbia dovrebbe rinunciare alla sua provincia separatista del Kosovo occupata dalla NATO, riconoscerne l’indipendenza, accettare la presenza di una enorme base militare americana in Kosovo e imporre sanzioni contro la Russia. La Repubblica Srpska, dal canto suo, deve invece essere costretta a riconoscere il rappresentante dell’UE, il tedesco Christian Schmidt, quale “Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina” con poteri di stampo coloniale quasi illimitati: in pratica i serbi di Bosnia perderebbero la loro indipendenza nei confronti del governo di Sarajevo affiliato all’UE e dovrebbero cedere quindi la loro sovranità. Un’umiliazione su tutta la linea che ben dimostra il carattere imperialista e guerrafondaio non solo dell’UE e persino dei “rosso-verdi” tedeschi.

In tutto questo contesto di tensione fra la Serbia e il campo atlantista c’è un nome che emerge con prepotenza. È quello di un leader di sinistra che ha saputo dialogare con la destra: Aleksandar Vulin noto per essersi sempre opposto con forza a tutte queste richieste umilianti dell’Occidente e per essere il più convinto sostenitore di una politica di neutralità militare. Vulin ha recentemente affermato che dopo queste pretese, l’Occidente ne avanzerebbe altre: “la richiesta successiva sarebbe la fine degli investimenti cinesi, la completa dipendenza tecnologica ed economica dall’Occidente, l’ulteriore disintegrazione politica e territoriale della Serbia e l’adozione dei valori occidentali. In essi non c’è posto né per la famiglia né per la giustizia sociale”.
Il ruolo strategico del compagno Vulin preoccupa gli USA
Aleksandar Vulin è uno dei più importanti confidenti del Presidente conservatore Vučić: benché siano di estrazione ideologica diversa – Vulin è fondatore del Movimento Socialista (Pokret Socijalista, PS) di tradizione marxista – dal 2014 ad oggi ha sempre rivestito ruoli ministeriali di prima importanza nei governi (di destra) del Partito Serbo del Progresso (SNS), prima come Ministro del Lavoro poi addirittura come come Ministro della Difesa e infine a capo del potente Ministero degli Interni, prima che Vucic gli affidasse nientemeno che la guida dell’Agenzia di Intelligence (BIA) nel dicembre 2022. In pratica in Serbia i servizi segreti fino a poco tempo fa erano in mano ai …comunisti! La cosa ovviamente non andava bene agli Stati Uniti. Su pressione di Washington Vulin è stato quindi costretto a dimettersi dal suo incarico all’inizio di novembre: in questo modo ha voluto evitare che venissero imposte sanzioni americane ed europee alla Serbia.
Vulin, già presidente della Gioventù Rivoluzionaria Jugoslava, nella sua lettera di dimissioni ha scritto: “Il presidente Vučić e la Serbia si trovano di fronte a minacce e ricatti che possono essere paragonati solo all’ultimatum austro-ungarico del 1914. […] Gli Stati Uniti e l’Unione Europea chiedono la mia testa come condizione per non imporre sanzioni alla Serbia. Non sono io la causa delle pressioni sulla nazione serba, ma non permetterò che mi si usi come pretesto per ricattare la Serbia. Pertanto, mi dimetto irrevocabilmente da capo dei servizi segreti […]. Le mie dimissioni non cambieranno la politica degli USA e dell’UE nei confronti della Serbia, ma ritarderanno ulteriori richieste e ricatti”.
Una politica estera basata sui ricatti
L’11 luglio scorso l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro statunitense ha imposto sanzioni contro il comunista serbo accusandolo di essere coinvolto nel narcotraffico ed avere legami con organizzazioni mafiose. Il motivo reale è però un altro, come lo stesso OFAC ha chiarito in questa sua nota (leggi qui): Vulin “ha usato la sua carica pubblica per sostenere la Russia, facilitando così le attività maligne della Russia che minano la sicurezza e la stabilità dei Balcani occidentali e fornendo alla Russia una piattaforma per espandere la sua influenza nella regione”. Insomma, visto che questo ministro (oltre ad essere marxista) si ostina a fare gli interessi della sua patria e non quelli degli americani, allora va rovesciato! Questa è l’essenza della democrazia a stelle e strisce, ma è anche ciò che inizia a infastidire sempre di più i popoli del Sud globale che si stanno preparando a ribellarsi.