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Perché abbiamo sostenuto il movimento studentesco contro la cooperazione accademica con Israele?

Ad esclusione del Partito Comunista, al cui interno vige una compattezza invidiabile su questo punto, fra alcuni compagni di altre organizzazioni erano sorti dei dubbi circa la correttezza delle rivendicazioni dei movimenti studenteschi che, indignati per il genocidio in corso in Palestina, hanno occupato, prima della pausa estiva, le università svizzere ed europee, chiedendo la fine della collaborazione accademica con gli atenei israeliani. 

Questi compagni “scettici” vanno invitati a ragionare da politici che leggono la fase storica, e non da intellettuali staccati dal mondo reale. Essi infatti, nel loro scetticismo, sbagliano linea per almeno due motivi:

1. il primo motivo è un dato metodologico: un movimento di massa che riesce per la prima volta dopo tanti anni a creare un consenso diffuso e duraturo, che riesce a unire aree politiche diverse intorno a una prospettiva storicamente di sinistra e a mettere in difficoltà sia ideologicamente sia parzialmente anche economicamente il regime di Tel Aviv merita in ogni caso, politicamente parlando, di essere sostenuto, anche se si possono avere dubbi su alcune scelte metodologiche e tattiche del movimento stesso. 

2. Il secondo motivo è afferente all’analisi della fase storica. Non siamo più nel 1993 quando Yasser Arafat e Yitzhak Rabin si stringevano la mano: sono entrambi morti, e quel mondo non tornerà più. Chi ragiona ancora con quelle categorie non riuscirà a incidere oggi in politica. Non siamo però più nemmeno nei primi anni 2000, quando Russia e Cina mantenevano un basso profilo geopolitico per accumulare forze. Oggi questi due paesi hanno lanciato l’offensiva: economicamente, ma se necessario anche militarmente! Il mondo è totalmente cambiato: se oggi Israele (e il suo potenziale distruttivo) non viene limitato, si accetta la guerra globale che metterà a repentaglio la Nuova via della seta e che rallenterà la transizione al multipolarismo. Chi anche solo parzialmente prova a giustificare Israele sta fornendo un assist spaventoso alla NATO, al pericoloso duo Biden/Harris e alle prospettive di una terza guerra mondiale!

Aggiungiamo altre considerazioni:

  • Israele è uno Stato sorto come progetto coloniale nel 1948 occupando un territorio altrui, cioè la Palestina. Una parte del popolo ebraico rifiuta Israele come proprio Stato poiché lo ritiene illegittimo. Questi ebrei hanno ragione! 

  • La prospettive del “2 popoli, 2 stati” era qualcosa di accettabile forse negli anni ’90. Dopo il 7 ottobre è complicato ritenere quella prospettiva ancora realistica. La prospettiva che correttamente i comunisti palestinesi pongono è un’altra: uno Stato unico, laico, democratico in cui convivano arabi ed ebrei, che si chiama Palestina. Come era un tempo!

  • Le posizioni equidistanti tra israeliani e palestinesi che si riscontrano in certa sinistra sono lo specchio della sua subalternità ideologica al sistema atlantico: anche se idealmente simpatetica verso la causa palestinese, siamo di fronte a un’opzione che osteggia il multipolarismo. Già solo per questo risulta essere, magari inconsapevolmente, di accompagnamento all’imperialismo e in ultima battuta inadeguata per concretizzare il definitivo processo di liberazione nazionale della Palestina.

  • Interrompere la cooperazione accademica non significa interrompere per forza le relazioni con ogni singolo professore e ricercatore israeliano che si oppone al regime sionista, ma indebolire la posizione di privilegio che gli atenei israeliani (direttamente legati al regime e alle sue forze armate) hanno sul piano internazionale.

  • Interrompere la cooperazione accademica significa inoltre isolare il regime sionista e aumentare le contraddizioni interne allo Stato di Israele stesso poiché vengono colpiti centri economici, tecnico-militari di grande importanza per tenere in piedi il sistema di apartheid e che, soprattutto adesso, sono direttamente coinvolti nel genocidio del popolo palestinese.

Ecco perché il Partito Comunista ha giudicato quel movimento studentesco, pur con tutte le sue contraddizioni, come particolarmente avanzato e lo ha sostenuto senza tentennamenti: esso, anche se in gran parte in modo inconsapevole, si inseriva coerentemente nella prospettiva strategica orientata al multipolarismo del nostro Partito.

Massimiliano Ay

Massimiliano Ay è segretario politico del Partito Comunista (Svizzera). Dal 2008 al 2017 e ancora dal 2021 è consigliere comunale di Bellinzona e dal 2015 è deputato al parlamento della Repubblica e Cantone Ticino.