Vertice di Kazan: pace, sviluppo e cooperazione nel futuro dei BRICS

Il XVI vertice dei BRICS tenutosi in ottobre a Kazan in Russia ha rappresentato il più rilevante avvenimento politico planetario di questo 2024, sancito dalla presenza del presidente delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Le nazioni fondatrici del 2009, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, insieme a quelle ufficialmente aggiuntesi lo scorso anno, ovvero Iran, Emirati Arabi Uniti, Egitto ed Etiopia, rappresentano per ricchezza prodotta, popolazione e interscambio economico internazionale una porzione di molte volte superiore a quella rappresentata dalle nazioni del G7. Ai membri ufficiali si sono aggiunte poi le delegazioni, guidate da capi di stato e primi ministri, di una trentina di altre nazioni della terra, offrendo un quadro complessivo di straordinaria vitalità e dinamismo.

I BRICS si confermano non tanto come l’alternativa all’unipolarismo atlantico, quanto lo strumento attraverso cui la Cina, la Russia e l’Iran, impegnate da oltre un decennio nella costruzione di un mondo multipolare e di pace, possano interloquire da pari a pari con una porzione rilevante degli stati del Sud Globale.

Indipendenza finanziaria

Le proposte emerse sono molte e concrete, i partecipanti hanno preso atto dell’irriformabilità delle strutture economiche emerse dopo la Seconda Guerra Mondiale: Fondo Monetario, Banca Mondiale, in tempi recenti l’Organizzazione Mondiale del Commercio, fino al deleterio giudizio, per altro assurdamente vincolante, delle agenzie di rating statunitensi contro i singoli stati, condizionandone poi investimenti esteri e crescita del debito.

Poiché Washington e i suoi alleati nel campo unipolare non vogliono mettere in discussione questo diseguale e assurdo sbilanciamento attraverso una revisione di tali organismi, viene avviata la predisposizione di nuove strutture, che al momento prevedono un’implementazione delle attività della Nuova Banca di Sviluppo presieduta a Shanghai dalla già presidentessa brasiliana Dilma Rousseff, presente all’incontro. Peraltro i BRICS hanno annunciato che gli interscambi internazionali in yuan cinesi hanno superato quelli in dollari, una notizia che ha dato slancio alla decisione di avviare la costruzione di un sistema bancario mondiale sganciato dal dollaro, dai suoi codici BIC e SWIFT. In questo percorso Russia e Cina hanno diverse nazioni alleate dentro e fuori i BRICS, Emirati Arabi Uniti e la Thailandia, candidata all’adesione, pronti ad avviare a piena operatività tale alternativa. In egual modo cinesi, russi e brasiliani avvieranno la costituzione di una nuova agenzia di rating, chiamata a valutare le nazioni, come ad esempio quelle sub-sahariane, Mali, Burkina Faso, Niger, decise a sganciarsi in forma definitiva dal sistema di ricatto e di prestiti dell’unipolarismo.

Masoud Pezeshkian chiede la restituzione di tutti i fondi sequestrati dall’Occidente.

Applauditissimo l’intervento del presidente iraniano Masoud Pezeshkian che ha chiesto un impegno per sbloccare le riserve sovrane congelate dall’imperialismo unipolare negli ultimi decenni: “dodici miliardi di dollari all’Iran nel 1979, ventiquattro miliardi alla Repubblica Popolare Democratica di Corea nel 2005, 168 miliardi alla Banca di Libia e al Fondo d’investimento libico nel 2011, quattordici miliardi alla Siria nel 2014, 120 miliardi all’Iran nel 2018, 31 tonnellate d’oro e 342 milioni di dollari al Venezuela nel 2018-2019, circa sette miliardi all’Afghanistan nel 2021 e 300 miliardi alla Russia nel 2022”.

Nuove candidature e vecchie frizioni

Sul fronte di un prossima partecipazione formale ai BRICS, queste le candidature: Algeria e Nigeria per l’Africa, Bielorussia per l’Europa, Bolivia e Cuba per il Latinoamerica, Kazakistan e Uzbekistan per l’Asia Centrale, Indonesia, Malesia, Thailandia e Vietnam per il Sud-Est asiatico e infine la Turchia.

Algeria e Nigeria rappresentano i maggiori esportatori rispettivamente di gas naturale e di petrolio di quel continente, l’Indonesia con il suo quarto di miliardo di cittadini è la più grande nazione islamica del pianeta e ha un ruolo fondamentale per il futuro dell’Indo-Pacifico, l’incorporazione del Vietnam suggella invece il successo diplomatico sino-russo, che chiude un trentennio di relazioni problematiche, in particolare tra Hanoi e Pechino, sancito anche dalle numerose e reciproche visite bilaterali tra dirigenti vietnamiti e i presidenti Putin e Xi Jinping degli ultimi mesi.

Non deve preoccupare l’assenza dei sauditi, che dal dicembre 2022 con la sottoscrizione degli accordi bilaterali con i cinesi hanno posto fine a mezzo secolo di subordinata sudditanza all’imperialismo statunitense, inoltre è davvero rilevante la presenza della Turchia: ancora una volta il presidente Recep Erdoğan ha dimostrato, al contrario dell’Unione Europea e dei suoi mediocri dirigenti politici, non solo di rispettare la sovranità e l’indipendenza nazionale turca, ma di contrastare l’atteggiamento aggressivo della NATO, manifestando la piena volontà della Turchia di integrarsi nel progetto multipolare, assolvendo a un ruolo importante nel quadro eurasiatico. Vergognoso e agghiacciante che nel corso del vertice i terroristi curdi abbiano colto l’occasione per un attentato contro l’agenzia aerospaziale e di difesa turca, confermando la propria contiguità ai loro addestratori israeliani e ai loro finanziatori statunitensi.

La riunione di Kazan dei BRICS, conferma dunque che il nuovo ordine mondiale multipolare proposto da Cina e Russia è una proposta sempre più condivisa dalle nazioni del mondo, stanche della speculazione finanziaria e del furto delle materie prime perpetrati dal fronte unipolare.

Nonostante la partecipazione di Narendra Modi fosse in dubbio, alla fine si tiene anche un fruttuoso bilaterale con Xi Jinping.

La presenza del primo ministro indiano Modi, che ha disertato durante l’estate la riunione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai in Kazakistan, è stata a lungo in dubbio, anche a causa della visita ad Islamabad in Pakistan del primo ministro cinese Li Qiang, tenutasi un paio di giorni prima dell’apertura del vertice al fine di affrontare il problema del terrorismo in Belucistan, spalleggiato da Delhi e volto a colpire il porto sino-pakistano di Gwadar, tra i più grandi del mondo. Ma alla fine Narendra Modi ha partecipato, certo, frenando sulla piena operatività di strutture alternative al dollaro, così come in merito a dichiarazioni più vincolanti a sostegno della Palestina. D’altronde sono noti i suoi legami con Israele, così come la disponibilità indiana a partecipare alle proposte statunitensi di contenimento del fronte multipolare russo-cinese nell’Indo-Pacifico. Tuttavia proprio Modi e Xi Jinping nel bilaterale hanno raggiunto un fruttuoso e per molti aspetti inaspettato accordo sui confini sino-indiani, che negli ultimi anni sono stati motivo di scontro, anche armato lungo l’innevata frontiera montana tra le due nazioni.

In conclusione il presidente Xi Jinping ha ribadito l’importanza del cammino multipolare per tutta l’umanità, chiamata a un futuro condiviso di pace, giustizia, innovazione scientifica e tecnologica e di rispetto per l’ecosistema.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.