Alla ricerca di una pace non solo giubilare

La remissione dei peccati, l’espiazione delle colpe, la riduzione degli anni purgatoriali: tutto questo sta nel Giubileo cattolico, nato, come spiega la storica Chiara Frugoni, anche per far cassa, in contemporanea con la brillante invenzione del Purgatorio, sancita dalle meravigliose pagine della Commedia dantesca. Per quanto la storia della chiesa cattolica sia contrappuntata anche da Giubilei straordinari, sono quelli ogni quarto di secolo che ne hanno segnato la storia. Indetto il primo da Bonifacio VIII nel 1300, subito trasformato in cinquantennale nel 1350 e reso venticinquennale nel 1475, scatena l’ira di Martin Lutero quello del 1400 di papa Borgia e tutte le indulgenze degli anni precedenti e seguenti, che promuovono un mercimoniale traffico di indulgenze e di danari che affluiscono copiosi nelle stanze vaticane.

Giubileo 1600: di fronte a molti ospiti esotici, viene bruciato al rogo Giordano Bruno.

Particolarmente rilevante sarà il Giubileo del 1600, quando, per volontà del gesuita cardinal Roberto Bellarmino, si brucia in Campo dei Fiori il povero Giordano Bruno, troppo sapiente e troppo cattolico, si condanna Galileo Galilei, e si fanno affluire sprovveduti cristiani delle chiese orientali e piumati pellirosse che si inginocchiano davanti a papa Clemente VIII, per affermare che sì, solo quella cattolica è la vera, unica, giusta, incontrovertibile fede, non certo quella protestante. D’altronde è il tempo delle guerre di religione, o meglio, il tempo in cui le guerre per il potere vengono organizzate con pretesti religiosi: è del 1593 il “Parigi val bene una messa”, del Borbone Enrico IV, ben interessato a tenersi la corona di Francia. Ovviamente si brucia e si condanna chi deflette dai dogmi, ma si è molto tolleranti con chi abbraccia la verità cattolica, tanto che proprio in quel XVII secolo i papi succedutisi sul trono petrino producono ripetute assoluzioni “peccatorum omnium” nei riguardi di Cristina di Svezia, che abdica dalle regali incombenze pur di aderire al cattolicesimo e si trasferisce a Roma, continuando a praticare la sua predilezione amorosa per le ragazze del suo stesso sesso, celebre la fidanzata svedese presentata agli ambasciatori in visita e apertamente dichiarata “compagna di letto”, per non dire degli altrettanto notori, ancorché fugaci, intrattenimenti carnali della sovrana con il cardinale Decio Azzolino. Cristina, assolta appunto dai suoi peccati, riposa in San Pietro, onore riservato solo ad altre due donne: Matilde di Canossa, traslata mezzo secolo dopo la sua scomparsa per evidenti meriti a favore del potere temporale e Maria Clementina Sobieska, la polacca aspirante regina d’Inghilterra in quanto moglie del cattolico Giacomo Stuart, pretendente senza speranza, entrambi per tutta la loro vita felicemente accampati nei palazzi romani tra pini marittimi e ruderi augustei.

Cristina di Svezia (1626-1689): fa coming out prima che diventasse mainstream.

Con l’arrivo del XIX secolo, quello della borghesia, tutto si complica. Nel 1800 lo svolgimento del Giubileo è impossibile: proprio l’anno prima è scomparso Pio VI, prigioniero in Francia, mentre Pio VII Barnaba Chiaramonti viene eletto solo nel marzo 1800 a Venezia, sotto la tutela abbastanza ingombrante dei cannoni austro-ungarici, nella chiesa di San Giorgio durante l’ultimo conclave tenuto fuori Roma, causa l’allora occupazione da parte del Direttorio francese della città capitolina e dello stato pontificio. Nel 1825, ovvero due secoli fa, si svolge per indizione di Leone XII il solo Giubileo ordinario di quel secolo, tuttavia blindatissimo e pieno di guardie e spie papaline, per paura di carbonari e giacobini. Nel 1850 la straordinaria esperienza della Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi, pur terminata nell’estate del 1849, mette Pio IX in cattivo stato d’animo e si guarda bene dall’indire il Giubileo, preferendo piuttosto spingere nel 1854 per la formulazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria da parte di Gioacchino ed Anna, tanto per litigare con ortodossi e protestanti, e nel 1870 per quello dell’infallibilità pontificia, in quel Concilio Vaticano I mai chiuso per colpa dei bersaglieri di Lamarmora, che il 20 settembre 1870 pongono fine allo stato pontificio e a quindici secoli abbondanti di potere temporale. Sarà papa Giovanni XXIII nel 1960 a chiudere ufficialmente quel concilio rimasto sospeso per novant’anni, al fine di poter indire il Concilio Vaticano II. Sempre Pio IX nega lo svolgimento giubilare nel 1875, in perenne rabbiosa protesta contro l’Italia oramai unita che l’aveva spodestato dal trono di papa re. A ripristinare la consuetudine giubilare provvederà nel 1900 Leone XIII, quello della Rerum Novarum, in una Bella Époque più attratta dall’elettrificazione celebrata nel Balletto Excelsior, piuttosto che dai paramenti e dagli incensi vaticani. Il Giubileo del 1950 è utilizzato da Pio XII per dare il contributo vaticano alla Guerra Fredda, con una spietata campagna mondiale anticomunista, che conferma le scomuniche per tutti i marxisti impartite nel 1949. Sarà questo Giubileo, tra l’altro, a codificare molto tardivamente il dogma dell’Assunta, cinque secoli dopo il colpo di maestria propagandistica che aveva portato il cattolicesimo ad abbandonare l’iconografia di Maria dormiente, per trasformarla in funzione anti-luterana in verticalissima ascendente al cielo, con l’invenzione di dipinti battaglieri quanto geniali contro l’assurdo misoginismo protestante.

Controvoglia, Paolo VI indice il Giubileo del 1975, che rimarrà come uno dei più sentiti.

Nel 1975 Paolo VI non vorrebbe indire il Giubileo, ma lo forzano, allora lui sceglie di indirizzarlo verso una riflessione sui mali della società e della chiesa, rifiutando ogni trionfalismo e promuovendo elementi di dialogo e di carità più consonanti con il Vangelo. Resterà questo per molti aspetti il più sentito e meditato Giubileo di tutta la storia cattolica.

Tra i Giubilei straordinari vanno ricordati quello del 1423, per celebrare il ritorno del pontefice a Roma dopo decenni di scismi e pasticci non solo avignonesi, indetto da Martino V eletto nel conclave di Costanza e ultimo pontefice, per il momento, a portar quel nome. Quello del 1585 indetto dal simpatico Sisto V, al secolo Felice Peretti da Grottammare, per festeggiare sé stesso e l’inizio del suo pontificato, quelli in tono minore del 1829 e del 1886, indetti da Pio VIII e Leone XIII, quindi quello ricercato e sontuoso per i diciannove secoli della Redenzione del 1933/1934, indetto da Pio XI anche per ribadire la portata dei Patti Lateranensi sottoscritti con la monarchia sabauda e il governo mussoliniano. Quello raccolto e fraterno voluto dal grande Paolo VI nel 1966 per celebrare la conclusione del Concilio Vaticano II, quello wojtyliano del 1983/1984 per il 1950º anniversario della Redenzione, quello della Misericordia nel 2015/2016 voluto da Francesco per il cinquantesimo della conclusione del Concilio Vaticano II e infine il prossimo, già calendarizzato del 2033 per i duemila anni della Redenzione.

Giovanni Paolo II pochi secondi prima di chiudere la Porta Santa nella cerimonia di chiusura del Giubileo, 6 gennaio 2001.

Di quello ordinario del 2000, Giovanni Paolo II ne ha fatto un avvenimento mediatico internazionale di propaganda delle proprie idee, sempre più politiche che religiose. La notte di Natale del 2024, Francesco ha aperto il Giubileo del 2025 chiedendo pace per il mondo: legittima richiesta e doverosa speranza per un’umanità sul precipizio della Terza Guerra Mondiale, mutuando le parole del diritto romano “fiat iustitia ne pereat mundus”, ovvero “sia fatta la giustizia, affinché non perisca il mondo”.

Davide Rossi

Davide Rossi, di formazione storico, è insegnante e giornalista. A Milano dirige il Centro Studi “Anna Seghers” ed è membro della Foreign Press Association Milan.