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Un Parco in Ticino: non museo a cielo aperto, ma opportunità per il rilancio dell’economia

L’articolo di Lea Ferrari che segue è apparso sull’edizione di maggio 2016 del quadrimestrale d’approfondimento marxista #politicanuova, edita dal Partito Comunista.


Green-grabbing

Il tema dei parchi naturali è oggi di rilievo perché abbraccia le nostre valli alpine ma ha pure ripercussioni internazionali non marginali. Green-grabbing, questo è il nome del fenomeno neo-coloniale di creazione di riserve forestali e di parchi in Africa, nel Sud-est asiatico e in Sud America, che costringe le popolazioni locali ad abbandonare la propria terra, le attività agricole e i propri mezzi di sostentamento a favore di interessi ambientali globali, e in nome della risoluzione di problemi dei quali esse non sono la causa1. Se, da una parte, nei paesi in via di sviluppo l’istituzione di parchi naturali è spesso deleteria, soprattutto se imposta e se non considera le esigenze delle economie locali, dall’altra, in Svizzera, potrebbe portare investimenti e occupazione nelle zone periferiche. In ogni caso le due facce della questione hanno un punto in comune: solo le reali ricadute socio-economiche sulle popolazioni locali devono valere quale parametro di successo del progetto.

Prospettiva nazionale: Parc Adula e Parco nazionale del Locarnese

A febbraio, 17 comuni di cinque regioni rurali tra Ticino e Grigioni2 si esprimeranno in votazione sulla creazione di un parco d’importanza nazionale, ossia il Parc Adula. Un requisito per la creazione di un Parco nazionale è la definizione di una zona centrale, che ha come obiettivo, secondo l’Ordinanza sui parchi (OPar) all’art. 17, il libero sviluppo della natura. Attorno alla zona centrale si estende la zona periferica, che non subisce cambiamenti legislativi di alcuna sorta e viene amministrata come prima dell’avvento del parco. L’OPar prevede tre categorie di parchi: nazionale, regionale e periurbano, che divergono sia nell’estensione della zona centrale (protetta), di almeno 100 m2 per nazionale e regionale mentre di almeno 4m2 per il parco naturale periurbano, sia nelle finalità, dichiaratamente più naturalistiche nel caso del parco nazionale e periurbano e con più aspetti di sviluppo economico nel caso del parco regionale. Per avviare il processo di candidatura del Parc Adula, si è dovuto scegliere tra le categorie nazionale e regionale: il dibattito è iniziato 14 anni fa. La rinomanza nazionale è sicuramente pregievole, ma si porta appresso il paragone con il Parco Nazionale di Zernez (GR), fondato nel 19143 con il sol obiettivo – benché nobile – di protezione della natura. Si comprende la resistenza da parte dell’Unione contadini svizzera verso questi interventi, collegati al rischio di Ballenbergisierung, colorito concetto che definisce la cristallizzazione di un contesto nella condizione di rurale scenario nostalgico e con ciò la sua “morte” a livello economico-produttivo4. Invece il Parc Adula, in quanto ‘parco di nuova generazione’5, incorpora aspetti economici concernenti lo sviluppo sostenibile e la designazione di marchi, quali il marchio Parco (per far conoscere il Parco stesso) e il marchio prodotto (conferito ai beni e servizi del territorio del Parco che rispettano una prassi sostenibile)6. Qualora gli aventi diritto accettassero il progetto in questione, sarebbero vincolati per 10 anni, scanditi da una programmazione quadriennale, che nel periodo 2016-19 prevede un investimento di 15 milioni di Fr., finanziato per il 60% dalla Confederazione, per il 20% dai Cantoni Ticino e Grigioni e per il restante 20% dai Comuni, dalle Regioni e da sponsor privati7. Il Parc Adula occuperebbe direttamente 18 persone, tra cui dei rangers. Le regioni periferiche e a vocazione rurale si caratterizzano per la costante diminuzione di investimenti e occupazione. Un intervento come quello del Parc Adula ha senz’altro il vantaggio di portare un po’ di linfa, là dove ad agire prevalentemente è la ruggine. Positiva è pure la collaborazione e lo scambio tra regioni linguistiche e cantoni diversi. Permangono, tuttavia, sia le avversioni di una parte della popolazione che si identifica fortemente nel territorio, sia l’incertezza sulle reali ricadute economiche locali, poiché si conosce solo il regolamento della zona centrale e non sono chiari i progetti che saranno promossi. In questo senso dovrebbero essere meglio presentati i progetti previsti nella zona periferica del parco. In Svizzera si contano 12 parchi d’importanza nazionale, 7 parchi in fase di istituzione e il Parco nazionale svizzero (Zernez), come illustrato nella cartina8. In Ticino si è candidato anche il Parco nazionale del Locarnese, sul quale si dovranno esprimere nei prossimi mesi i 13 comuni coinvolti9. La riuscita di questa votazione è più improbabile rispetto a quella sul Parc Adula, ciò a causa della minore vastità del parco, la cui zona centrale, con la sua regolamentazione restrittiva, occuperebbe la maggior parte della superficie, limitando pesantemente le attività produttive del territorio. In ogni caso, gli obiettivi concernenti investimenti e occupazione nelle regioni periferiche possono essere perseguiti in diverse maniere e nei diversi settori economici, per cui un parco può rilanciare il turismo, stimolare la ricerca scientifica e rivitalizzare il settore primario. Quest’ultimo punto non deve essere lasciato al caso: ciò per il ruolo fondamentale dell’agricoltore, spesso sottovalutato, nella produzione di reddito, di derrate alimentari con valenze socio-culturali, nella gestione del territorio e nel decentramento della popolazione. Il turismo consapevole e sostenibile è attento e attirato da realtà vive e propositive garantite da un settore primario sano, e di pari passo la ricerca scientifica nelle valli alpine non può escludere le millenarie interazioni uomo-natura. Inoltre, strumenti quali i marchi sono validi a patto che sia promossa una solida organizzazione dell’attività produttiva.

Prospettive internazionali

Si è da poco conclusa l’acclamata Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (Cop 21) a Parigi, che ha visto 195 nazioni concordi nel prodigarsi per limitare l’aumento della temperatura globale a meno di 2°C. Ora spetterà alle varie nazioni promuovere misure coerenti con questa presa di posizione: come la Svizzera ha già lanciato da alcuni anni l’obiettivo di ridurre del 20% le emissioni di gas serra entro il 202010, così l’Unione Europea persegue il programma Horizon 2020, che prevede entro il 2020 la riduzione del 20% delle emissioni di CO2 e dei consumi energetici e l’aumento del 20% della quota di energia da fonti rinnovabili. In entrambi i casi si tratta di obiettivi più che raggiungibili e in parte pure poco coraggiosi rispetto alle odierne possibilità tecnologiche. Visto che siamo di fronte a un problema globale, la comunità internazionale cerca soluzioni tra nazioni in un’ottica però fermamente neoliberista: il commercio dei crediti di carbonio. Dagli anni ’90 e con il protocollo di Kyoto si è sviluppato il concetto di mercato delle quote di emissioni di CO2 tra le nazioni poco industrializzate che possono vendere la possibilità di inquinare alle economie avanzate. Nel complesso si può parlare di privatizzazione del clima, che presuppone un atteggiamento astratto rispetto a chi, dove e come inquina, senza indagare le cause reali. In questa logica i parchi naturali sono risorse che immagazzinano CO2 e forniscono crediti di carbonio alle nazioni per continuare a inquinare o vendere questa prerogativa ad altri stati. Come previsto dal mercato, stanno entrando in gioco gli speculatori quali Deutsche Bank, Morgan Stanley, Barclays Capital, Rabobank, BNP Paribas Fortis, Sumitomo, Kommunalkredit e Cantor Fitzgerald. JP Morgan Chase ha accorporato Climate Care, mentre Credit Suisse ha acquistato EcoSecurities, entrambe imprese che forniscono consulenza e intermediazione nel campo dei serbatoi di carbonio. Nel 2008 si contavano 80 fondi d’investimento in carbonio11 e perciò è da ipotizzare anche un prossimo caso di «subprime carbon»12. Nelle pratiche di questi fondi e di queste imprese si annovera il già citato green-grabbing, ovvero l’eco-colonialismo13 con cui si privatizzano i polmoni verdi della Terra, promosso anche da alcuni governi come la Gran Bretagna, che, nella figura del consigliere speciale per l’energia e le foreste del presidente Gordon Brown, Johan Eliasch14, ha cercato di privatizzare parte della foresta amazzonica nel nome della protezione della natura, escludendo così le popolazioni brasiliane che da secoli ne traggono sostentamento. Esempio ecclatante dell’ambiguità dei parchi naturali è stata, negli anni Novanta, l’assegnazione a Parco Nazionale per la salvaguardia dei gorilla delle terre della tribù dei pigmei Bambuti Ba’twa nella foresta equatoriale al confine del Rwanda, nell’odierna Repubblica democratica del Congo. Questo fenomeno è sempre più diffuso: in Namibia, dall’istituzione della proprietà privata degli animali selvaggi (1967), i ranches privati sono cresciuti dell’80%15. Per la protezione della natura non vi è una ricetta unica applicabile a tutte le realtà. Se a livello mondiale la deforestazione è un problema, in Svizzera si assiste al fenomeno contrario: l’imboschimento causato dall’abbandono delle attività primarie. Perciò non bisogna confondere i piani e gli obiettivi, come invece succede lasciando al mercato la regolazione delle emissioni di gas serra. Con il laissez-faire si rischia di creare una tensione tra fame e ambiente, in quanto l’agricoltura viene sacrificata per permettere la conservazione della natura foriera di crediti di carbonio, in particolare nelle zone tropicali e sub-tropicali, dove senza la tradizionale lavorazione della terra l’accesso al cibo non sarebbe garantito16. Grazie alle conoscenze e alle tecnologie sino ad ora accumulate possiamo evitare «l’eterno oops! che definiva i rapporti tra l’uomo e la natura»17, agendo con lungimiranza nel rispetto dei cicli biologici ed ecosistemici.

Conclusione

Perseguire finalità di protezione della natura è nobile, ma, più spesso, nobilitante la persona che se ne fa promotrice, la quale agisce con falsa umilità nei confronti del progresso degli ultimi secoli e del millenario rapporto uomo-natura, ignorando che la stessa conservazione della natura è un atto di forza e controllo dell’homo erectus sul resto dell’ecosistema. Non bisogna ammantarsi di facili principi ecologisti ma analizzare singolarmente le necessità socio-economiche delle varie regioni del pianeta. Se, in Svizzera, è insensato mantenere l’obiettivo dell’avanzata del bosco nelle zone centrali dei parchi – quando invece accade che l’imboschimento si verifica per l’abbandono delle aree agricole e comporta una minore biodiversità rispetto ad un pascolo -, per contro, nel resto del mondo non si può permettere alla mano invisibile di legittimare l’inquinamento dei paesi occidentali a scapito delle pratiche agricole locali di tradizionale sostentamento e alle possibilità di progresso e industrializzazione dei paesi in via di sviluppo e delle regioni periferiche delle economie avanzate.


NOTE:

1 James Fairhead, Melissa Leach, Ian Scoones, Green Grabbing: a new appropriation of nature?, The Journal of Peasant Studies, Vol. 39, No.2, April 2012, 237–261

2 Serravalle, Acquarossa, Blenio, Medel, Disentis, Sumvitg, Trun, Vrin, Vals, Hinterrhein, Nufenen, Splügen, Mesocco, Soazza, Rossa, Calanca, Busano.

3 Parc Naziunal Svizzer, Giubileo dei 100 anni, URL: http://www.nationalpark.ch/it/about/chi-siamo/giubileo-dei-100-anni/, visitato il 06.01.2016

4 Per l’appunto, il Freilichtmuseum Ballenberg (“Museo all’aperto di Ballenberg”) è un museo all’aperto situato nel comune di Holfstetten bei Brienz. Il museo si estende in un’area boscosa di circa 66 ettari e raccoglie circa 250 edifici rurali antichi provenienti da varie parti della Svizzera.

5 Parc Adula, Un parco nazionale di nuova generazione, URL: http://parcadula.ch/it/Charta-Parc-Adula/Parco-nazionale-nuova-generazione.html, visitato il 06.01.2016

6 Ordinanza sui parchi d’importanza nazionale del 7 novembre 2007 (Ordinanza sui parchi, OPar; RS 451.36)

7 Parc Adula, Come sarà finanziato il parco?, URL: http://parcadula.ch/it/Charta-Parc-Adula/finanze.html, visitato il 06.01.2015

8 UFAM-BAFU (Ufficio federale dell’ambiente), Parchi svizzeri: otto marchi e un nuovo candidato a parco nazionale, 2011, URL: http://www.bafu.admin.ch/dokumentation/medieninformation/00962/index.html?lang=it&msg-id=40985, visitato il 06.01.2016

9 Ascona, Bosco Gurin, Brissago, Cavigliano, Centovalli, Gresso, Isorno, Linescio, Losone, Mosogno, Onsernone, Ronco s. Ascona, Vergeletto, Verscio.

10 Rts, Vers une réduction des émissions de CO2 de 20%, 2010, URL: http://www.rts.ch/info/suisse/1053036-vers-une-reduction-des-emissions-de-co2-de-20-.html, visitato il 08.01.2016

11 Larry Lohmann, Neoliberalism and the calculable world, 2009, URL: http://www.thecornerhouse.org.uk/resource/neoliberalism-and-calculable-world, visitato il 12.12.2015

12 Michelle Chan, Carbon Markets and Financial Risk, 2009, URL: http://www.mercyworld.org, visitato il 08.01.2016

13 John Vidal, The great green land grab, The Guardian, 13.02.2008, URL: http://www.theguardian.com/environment/2008/feb/13/conservation, visitato il 06.12.2015

14 Harry Underwood, Brazil bridles at Eliasch bid to save Amazon, 2008, URL:http://www.theweek.co.uk/26749/brazil-bridles-eliasch-bid-save-amazon, visitato il 08.01.2016

15 Nik Heynen, James McCarthy, Scott Prudham and Paul Robbins, Neoliberal Environments, Routledge, London, 2007, pp. 25-26

16 Kathleen McAfee, Selling Nature to Finance Development? The Contradictory Logic of International Environmental-Services Markets, URL: http://www.iss.nl/fileadmin/ASSETS/iss/Documents/Conference_presentat

17 Jonathan Miles, Scarti, Minimum fax, Roma, 2015

Lea Ferrari

Lea Ferrari (1991) è agronoma di formazione e municipale a Serravalle in quota Partito Comunista. Dal 2019 è deputata al parlamento del Canton Ticino. E' attiva pure nell'Associazione per la difesa del servizio pubblico.