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Le contraddizioni fra due islamisti: la lotta fra Erdogan e Gülen in Turchia

Nel nostro “Speciale Turchia” (che ha fra l’altro riscontrato enorme successo di lettori) avevamo chiarito fin dall’inizio quello che, con il tentato golpe dello scorso 15 luglio, stava avvenendo nella repubblica a cavallo fra l’Europa e il Medio Oriente. E abbiamo spiegato anche chi erano le pedine che si muovevano sulla scacchiera: da un lato Fetullah Gülen e dall’altro Recep Tayyip Erdoğan. Essi erano alleati, ma ora non lo sono più. Alcuni sostengono che tuttavia, politicamente, essi siano uguali. E’ davvero così?

Le contraddizioni fra i due ex-alleati in realtà esistono e sono eclatanti nei loro caratteri principali. Certamente entrambi sono borghesi, certamente entrambi non sono laicisti ed entrambi hanno concezioni democratiche eufemisticamente limitate, ma guardiamo i quattro fatti oggi più determinanti per il futuro della Turchia e per gli equilibri mondiali (che possono influenzare quindi anche noi).

1) Fetullah Gülen è disposto a negoziare con i separatisti curdi una soluzione che potrebbe portare alla balcanizzazione del Medio Oriente. Tayyip Erdoğan ha invece fatto dietro front sulla linea politica dell’apertura verso il PKK curdo, che lui stesso aveva iniziato, e oggi ha  anzi posto il tema dell’unità nazionale come strategico, addirittura dando via libera ad azioni militari contro il separatismo etnico. In pratica Erdogan ha ceduto alle richieste di quei militari kemalisti che lui stesso, quando era alleato di Gülen, aveva negli anni scorsi epurato dalle forze armate e fatto arrestare con il sostegno di Washington e Bruxelles. Inutile dire che la balcanizzazione etnica del Medio Oriente significa lo scoppio di una guerra su scala potenzialmente globale!

2) Fetullah Gülen vuole collaborare economicamente e politicamente con gli USA e l’UE, Tayyip Erdoğan prioritariamente invece preferirebbe guardare alla Russia e all’Unione Euroasiatica. Peraltro già oggi i principali partner commerciali di Ankara sono in Asia (ad esclusione della Germania). Anche qui Erdogan ha adottato la linea dell’opposizione kemalista. Non per convinzione anti-imperialista, ma per interessi opportunistici, che tuttavia sono materialisticamente determinanti.

3) Fetullah Gülen è contrario alla normalizzazione delle relazioni con la Siria e alla collaborazione con l’Iran sciita. Erdogan sta facendo esattamente il contrario. Con l’Iran le relazioni esistono e con la Siria pare che vi potrebbe verificarsi a breve una rappacificazione. Questo significa potenzialmente anche un controllo nel caos dei flussi migratori di esuli siriani che stanno mettendo in difficoltà l’economia turca.

4) Fetullah Gülen per impedire che la Turchia si allontanasse troppo dal campo atlantico, cioè dalla NATO, ha deciso di sequestrare il comandante in capo delle forze armate turche e di sollevarsi in armi il 15 luglio scorso contro il governo eletto. Erdogan non solo vuole più autonomia dalla NATO ma sta negoziando un avvicinamento con l’Organizzazione di Shangai per la Cooperazione (anche militare), questo significa un  possibile avvicinamento anche alla Cina.

Da una parte insomma c’è una sicurezza: l’imperialismo e la guerra! Dall’altra parte c’è per ora una potenzialità: il multipolarismo! Fra i due contendenti, Gülen ed Erdogan, nessuno dei due è di sinistra: ma anche restare indifferenti non lo è!