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Il golpe della Posta. L’azienda pubblica ignora le decisioni del parlamento federale!

Massimiliano Ay ribadisce la linea anti-imperialista del PC
Massimiliano Ay, segretario politico e deputato del Partito Comunista

Due interrogazioni parlamentari del granconsigliere del Partito Comunista Massimiliano Ay, due risoluzioni votate dal parlamento ticinese su base interpartitica, una manifestazione di piazza a Bellinzona, continue prese di posizione da parte dei sindacati di categoria e dei comuni coinvolti, una mozione approvata da parte del Consiglio Nazionale a Berna contro lo smantellamento degli uffici postali, ecc. Ma la Posta – l’azienda pubblica che vuole atteggiarsi da impresa privata – continua nei suoi piani contro lo Stato e contro i cittadini: oggi il Gigante Giallo ha infatti  annunciato le sue intenzioni di chiusura degli uffici postali in Ticino. E non solo: tramite i processi di esternalizzazione dei servizi postali alle cosiddette agenzie, la Posta ne approfitta per praticare dumping salariale e indebolire l’incisività del contratto collettivo di lavoro.

Marco Forte, segretario sindacale Syndicom
Marco Forte, segretario sindacale Syndicom

A emerge in maniera lampante “è il menefreghismo nei confronti delle decisioni della politica” tuona Marco Forte, segretario regionale in Ticino del sindacato Syndicom: “In Ticino la Posta vorrebbe chiudere 50 uffici postali sui 109 attuali”. Insomma il cantone italofono perderebbe quasi la metà dei propri uffici postali. A scandalizzare il sindacalista è che “l’annuncio della Posta arriva due settimane dopo che il Consiglio nazionale si è pronunciato chiaramente (172 voti contro 13) contro lo smantellamento degli uffici postali.Il Consiglio nazionale ha fatto chiaramente intendere che bisogna garantire un’offerta di servizi completa ed un’ampia rete postale. È evidente che la Posta se ne frega altamente della volontà della politica e della popolazione. Finché il Consiglio federale continuerà a non muovere un dito, Syndicom consiglia a tutti i comuni ticinesi e svizzeri di opporsi con determinazione contro questi tagli. I colloqui con la Posta vanno ripresi soltanto quando sarà avvenuta la revisione della legge sulle poste. Solo così si potrà evitare di essere messi davanti al fatto compiuto”. Questo anche perché i municipi rimangono per legge gli interlocutori principali dell’azienda in caso di chiusure, benché il loro potere contrattuale rischia di diminuire se il Consiglio federale non dirà chiaramente “basta!” ai manager!

posta
Manifestazione contro i tagli alla Posta a Bellinzona

Molto duro anche il Partito Comunista, che è stato il primo partito politico a intervenire nel pomeriggio con una presa di posizione nettissima in cui parla della Posta come di un’azienda “eversiva”, spiegando come “i manager del Gigante Giallo sfidano apertamente lo Stato! Il Partito Comunista ricorda che la Posta, in quanto servizio pubblico, deve essere al servizio della collettività e deve obbedire alle decisioni delle istituzioni democratiche!”.

Di fronte a questo salasso, che cosa fa il governo ticinese? Dirama un comunicato stampa in cui sostiene di aver preso atto “con favore della decisione della Posta, che accoglie almeno parzialmente le richieste formulate dal Governo di garantire fino al 2020 l’apertura di 61 uffici postali nel Cantone”. Si tratterebbe di “un miglioramento per quanto riguarda il rispetto delle specificità regionali e limita il pericolo di una carente copertura nelle regioni periferiche del Cantone”. Insomma si piega il capo davanti ai diktat dei manager e si cerca di abbellire la situazione agli occhi della popolazione. Come si poteva immaginare il Partito Comunista si oppone a questa attitudine e chiede invece “al Consiglio federale e al Consiglio di Stato ticinese di imporsi contro i manager eversivi che si stanno ponendo contro gli interessi del Paese”.