La pandemia da Coronavirus, oltre al settore sanitario e vari comparti economici, sta mettendo fortemente sotto pressione anche le compagnie aeree, toccate da ormai più di due mesi da un prolungato stop dei voli e un drastico calo dei passeggeri. Le conseguenze non stanno tardando a manifestarsi: se vari governi hanno messo in campo pacchetti di aiuti multimiliardari per impedirne il fallimento, le compagnie low-cost – come ad esempio l’irlandese Ryanair – stanno già allestendo dei massicci piani di licenziamento. Di fronte a questa crisi dell’aviazione, i partiti comunisti di Svizzera, Portogallo, Belgio e Italia, seppur in contesti differenti, concordano sulla strategia da adottare: le compagnie aeree non vanno fatte fallire, ma vanno al contrario poste sotto controllo statale, in quanto si tratta di aziende strategiche per lo sviluppo dell’economia e l’approvvigionamento del paese, ma anche per motivi di sicurezza nazionale.
Il PC svizzero: “Nel 2005 abbiamo svenduto Swiss ai tedeschi: ora va nazionalizzata!”
Di fronte alla proposta avanzata dal governo federale di stanziare un pacchetto da quasi 2 miliardi di franchi per sostenere la compagnia Swiss e il settore aeronautico elvetico (poi approvata dalle Camere federali nella sessione di inizio maggio), il Partito Comunista ha rivendicato la nazionalizzazione della compagnia di bandiera, svenduta a Lufthansa nel 2005 per poco più di 300 milioni di euro (leggi qui). Le motivazioni di tale richiesta sono molteplici: i trasporti e le comunicazioni vengono ritenuti ambiti strategici dell’economia, essenziali anche ai fini della sicurezza nazionale stessa. Ciò vale tanto in fasi di crisi come quella attuale, in cui erano necessari dei velivoli per i rimpatri dei cittadini svizzeri, quanto in periodi di “normalità”, durante i quali l’attività del corpo umanitario elvetico è sistematicamente ostacolato dai tempi delle compagnie private.
In merito alle preoccupazioni ecologiche legate al settore aereo, il segretario del PC Massimiliano Ay si è espresso in questi termini: “Il fattore ambientale del traffico aereo è certamente importante, ma non si affronta caricandolo con tasse che colpirebbero di fatto solo le fasce popolari che desiderano fare una vacanza all’estero o gli studenti in gita di studio, bensì imponendo standard elevati alle compagnie aeree per quanto riguarda la dotazione di nuovi velivoli più sostenibili e promuovendo la ricerca a favore di carburanti meno inquinanti”. Oltre a rimarcare l’importanza di una compagnia aerea nazionale sotto controllo pubblico, il membro della direzione del Partito Alberto Togni (responsabile dell’approfondimento svolto dal PC sul tema delle nazionalizzazioni quale risposta alla crisi) ha sottolineato i rischi connessi allo scorporo dall’amministrazione pubblica del controllo sul traffico aereo, attualmente in mano alla società anonima Skyguide, che opera su mandato della Confederazione ma può procedere ad alcune esternalizzazioni del servizio e opera in buona parte secondo le disposizioni del diritto privato.
Per i comunisti portoghesi, nazionalizzare la TAP è una proposta “patriottica e di sinistra”
Ad inizio maggio, anche il Partito Comunista Portoghese (PCP) si è mosso per rivendicare la nazionalizzazione della TAP (Transportes Aéreos Portugueses), privatizzata nel 2015 e attualmente in grave crisi. Come dichiarato dal deputato comunista Bruno Dias, “è oggi chiaro che il capitale privato non salverà la TAP, e che questa verrà distrutta se lo Stato non farà nulla per evitarlo”. Per tutelare le migliaia di posti di lavoro garantiti dalla compagnia aerea lusitana, il PCP ha presentato un progetto di legge all’Assemblea della Repubblica per vincolare qualunque aiuto pubblico all’acquisizione di una posizione maggioritaria dello Stato nel capitale sociale dell’azienda, permettendo così la difesa dell’interesse pubblico e nazionale, il controllo statale sulla compagnia e la garanzia dei diritti dei lavoratori da essa impiegati (leggi qui).

La difesa dei posti di lavoro non è però la sola ragione che ha spinto il PCP a rivendicare la nazionalizzazione della TAP. Secondo Vasco Cardoso, membro del Comitato Centrale del Partito, “TAP è e rimane uno strumento di sovranità. Gli sviluppi determinati dall’epidemia mostrano il ruolo di TAP nell’accelerare le soluzioni per il salvataggio dei portoghesi bloccati all’estero. Solo TAP e SATA garantiscono il mantenimento della coesione territoriale. E data la portata ancora sconosciuta degli impatti economici della situazione attuale, TAP sarà uno strumento decisivo per la ripresa dell’economia nazionale” (leggi qui).
Mille posti di lavoro minacciati nell’aviazione belga: il PTB chiede di rilevare Brussels Airlines
Anche in Belgio la crisi dell’aviazione sta mettendo a dura prova la locale compagnia aerea, la Brussels Airlines (un tempo nota come Sabena), acquistata a suo tempo – guarda caso – dalla tedesca Lufthansa. I posti di lavoro a rischio presso Brussels Airlines sono circa 1000, ben un quarto degli effettivi attualmente impiegati. In difesa dell’occupazione nel settore si è schierato il Partito del Lavoro (PTB): la deputata Maria Vindevoghel, già attiva come sindacalista proprio all’aeroporto di Zaventem presso Bruxelles, ha dichiarato che “il mantenimento dei posti di lavoro deve essere al centro delle preoccupazioni di Brussels Airlines”. Per far fronte al concreto rischio di licenziamenti, anche il PTB ritiene che lo Stato debba tornare proprietario della sua compagnia di bandiera: l’aiuto pubblico di quasi 300 milioni di euro previsto dal governo federale dovrebbe essere per il partito il “trampolino di lancio” per l’acquisizione di una partecipazione statale nel pacchetto azionario attualmente detenuto da Lufthansa (leggi qui). Al contrario dell’attuale aviazione privata, per il PTB “un’impresa pubblica è la migliore garanzia per il mantenimento dell’impiego, delle buone condizioni di lavoro, una sicurezza migliore e una visione a lungo termine per la transizione ecologica”.
Fino al 2008, Alitalia era dello Stato: per il PCI deve tornare ad esserlo
La stessa linea è difesa dal Partito Comunista Italiano (PCI) che già prima della pandemia, per bocca del suo segretario generale, il sindacalista Mauro Alboresi, ricordava le esperienze di tanti paesi europei, proponendo “l’assunzione della centralità del sistema dei trasporti in capo allo Stato e, quindi, l’impegno diretto dello Stato nella proprietà, nella gestione di Alitalia che, giova ricordarlo, sino al 2008 era pubblica” (leggi qui).
Già nel 2006 era infatti stato il senatore Dino Tibaldi dell’allora Partito dei Comunisti Italiani (PdCI, poi confluito nel PCI) a tirare invano il campanello dall’arme: “Il rischio è che la compagnia di bandiera sia di fatto svenduta, senza che nulla si faccia sul fronte del rilancio complessivo dell’azienda, e che lo Stato rinunci al controllo e ad un ruolo fondamentale di indirizzo di Alitalia” (leggi qui).
Per i comunisti italiani, la strada è dunque da tempo delineata: Alitalia va nazionalizzata e lo Stato deve tornare a guidarne la politica aziendale, tutelando i posti di lavoro ed assicurando una strategia di rilancio sul lungo termine, che possa aprire la via ad una transizione ecologica dell’intero settore aereo italiano.