Un processo anacronistico
Nel famoso Sinodo del cadavere, svoltosi a Roma nell’897, papa Stefano VI ordinò la riesumazione del suo predecessore, papa Formoso. Il cadavere in decomposizione di Formoso venne estratto dalla tomba, sottoposto a processo, condannato, e infine gettato nel Tevere. A papa Formoso probabilmente non importava più un granché, ma questa messinscena ebbe delle gravi conseguenze per i suoi ideatori. Pochi mesi dopo, l’indignazione popolare portò all’arresto di Stefano VI, che venne giustiziato a Castel Sant’Angelo…
Fortunatamente, le spoglie di Stalin si trovano al sicuro nella necropoli del Cremlino, o ai nazisti di Kiev potrebbe venire la tentazione di trascinarle in tribunale e poi gettarle nello Dnepr. Questo non è l’inizio di una barzelletta: in Ucraina è davvero in preparazione un processo contro Stalin. La faccenda è talmente seria che pochi giorni fa al defunto leader è stato assegnato un avvocato. L’avvocato è stato assegnato d’ufficio, perché vista la situazione, Stalin non è in grado di sceglierne uno personalmente. Il suo nome è Andreij Domanskij, e ha già annunciato che il suo cliente è innocente finché il processo non dimostrerà il contrario. Insomma, il delirio antisovietico iniziato in Ucraina negli anni ’90, e prolificato dopo il 2014 con il colpo di stato nazista del Maidan, ha ora raggiunto nuovi record di assurdità. Probabilmente il fatto di avere un comico televisivo alla presidenza (Vladimir Zelenskij) non sta aiutando.
Identità nazionale e revisionismo storico
Tutto ciò non avrebbe senso nemmeno in una commedia di umorismo nero, ma noi dobbiamo comunque sforzarci di capire quello che sta accadendo. Dal momento in cui riceve l’indipendenza, con il crollo dell’Unione Sovietica, l’Ucraina è alla disperata ricerca di un’identità nazionale. Non è un compito facile, siccome non è mai esistito uno Stato propriamente “ucraino” e il destino della regione è sempre stato legato a quello della civiltà russa e degli imperi a lei confinanti. Il più antico Stato “russo” della storia fu infatti la Rus’ di Kiev. Nel 988 d.C il principe di Kiev Vladimir I convertì il suo regno al cristianesimo bizantino. Questo regno, il cui territorio andava dal Mar Nero al Mar Bianco, e la cui capitale coincideva con l’odierna capitale dell’Ucraina, si autodefiniva con il termine rus’.
Negli anni, molti storici in malafede hanno cercato di creare un passato storico della regione che fosse “ucraino” invece che “russo”, giungendo spesso a risultati buffi e grotteschi. Alcune invenzioni sono risultate a tal punto infelici da diventare degli autentici meme, come quella degli “antichi ucri”o “protoucraini”, antico popolo (in realtà mai esistito) che avrebbe abitato la regione. Il nazionalismo ucraino degli ultimi decenni, ampiamente alimentato dall’Occidente, porta un carattere fortemente antirusso, e mira a formulare un’identità ucraina separata dalla Russia, il che, considerando quanto detto prima, conduce inevitabilmente a vergognosi tentativi di revisionismo storico. La concezione di Ucraina che hanno gli odierni nazionalisti si può riassumere come “non-Russia”. Essi fanno della contrapposizione con la Russia il principale cardine dell’intera struttura identitaria. La conclusione logica di questo percorso è la guerra civile scoppiata in seguito al golpe nazista del 2014.
La Russia viene descritta dall’ideologia ufficiale come lo storico oppressore, e particolare passione viene profusa nella narrazione della “terribile dominazione sovietica”. Del resto un simile atteggiamento è diventato prassi nella maggior parte dei paesi dell’ex blocco sovietico, nonostante la dissoluzione dell’URSS abbia comportato quasi ovunque un repentino calo della qualità della vita. Questo processo-farsa al defunto Stalin si colloca proprio nel contesto della martellante propaganda antisovietica, che assume tratti surreali e grotteschi. Già nel 2010, in un simile processo-farsa, Stalin era stato condannato come responsabile dell’Holodomor. In quell’occasione, Stalin non ebbe nemmeno il lusso di un avvocato. Holodomor è il nome con cui in Ucraina viene chiamata la fame che colpì l’URSS negli anni 1932-1933, che gli odierni revisionisti considerano un genocidio, siccome (secondo loro) artificialmente provocata dal governo sovietico per sterminare l’etnia ucraina. Inutile dire che nessuno storico con un briciolo di onestà intellettuale concorda con questa interpretazione dei fatti.
Condannare Stalin, di nuovo
Questa volta invece il crimine imputato a Stalin è la deportazione dei tatari di Crimea nel 1944. Si trattò indubbiamente di una decisione in ultima analisi ingiusta, che causò innumerevoli sofferenze. Ma già nel 1967 la deportazione dei tatari era stata condannata dal governo sovietico, che nel 1989 la riconobbe ufficialmente come crimine. Di una nuova condanna, e in termini così propagandistici e teatrali, non si sentiva alcun bisogno. Come non vi è alcun bisogno di processi a persone morte e sepolte oltre mezzo secolo fa. Inoltre, tali eventi vengono estrapolati dal loro contesto storico, ossia gli anni della Seconda guerra mondiale e quelli immediatamente successivi, quando gli spostamenti forzati di intere popolazioni erano la prassi per evitare conflitti etnici. È quello che successe, ad esempio, con la deportazione dei tedeschi dalla Prussia orientale e da altre regioni, una volta conclusa la guerra.
Ma l’isteria antisovietica deve essere costantemente alimentata, altrimenti i giovani a cui con tanta cura si fa il lavaggio del cervello nelle scuole, potrebbero dare troppo credito alle parole dei nonni, che dicono che tutto sommato sotto i sovietici si viveva meglio. Eh si, perché i dati demografici parlano chiaro. La popolazione dell’Ucraina, dalla fine della Seconda guerra mondiale al 1991, sotto mezzo secolo di “dominazione sovietica”, è cresciuta di quasi 20 milioni, raggiungendo un totale di 52 milioni. Oggi, secondo il The World Factbook edito dalla CIA, il paese ne conta solo 43. È il risultato della perenne crisi economica che spinge molti all’emigrazione, del catastrofico calo della natalità e di quello altrettanto catastrofico dell’aspettativa di vita, nonché della galoppante diffusione di malattie come l’AIDS e la tubercolosi. In parole povere, la qualità della vita degli ucraini è colata a picco con il crollo dell’URSS.
Ora è finalmente chiaro a cosa serve processare il defunto Stalin. Per distogliere l’attenzione da un presente tragico e senza futuro, bisogna costantemente ripetere quanto fosse “orribile” il passato, sperando che le persone che ancora lo ricordano muoiano in fretta. Così nessuno potrà più contestare la narrativa ufficiale. Se i giovani scoprissero che la “dominazione sovietica” è stato in realtà il miglior periodo nella storia del popolo ucraino, diventerebbe impossibile tenere in piedi quella “non-Russia” che serve all’imperialismo atlantico.
A Stalin, come a papa Formoso un millennio fa, non importa un accidente del processo a suo carico. Dopotutto, ciò che lui ha fatto per l’Ucraina è ancora ben visibile sul territorio. Ad esempio la centrale idroelettrica sullo Dnepr, tutt’ora in funzione. Invece le pagliacciate di chi governa oggi l’Ucraina diventeranno semplicemente aneddoti storici, esattamente come il Sinodo del cadavere.