Lo scorso 28-29 gennaio 2014, si è riunito all’Avana, capitale di Cuba, il secondo vertice della Comunità degli Stati latinoamericani e dei caraibi (CELAC): si è trattato da un lato di un successo per la Cuba socialista di Raul Castro, dall’altro di un affronto per gli Stati Uniti di Barak Obama che stanno visibilmente perdendo colpi nel controllo geopolitico dei loro vicini di casa: Cuba non solo non è più sola, ma non è più nemmeno isolata. All’Avana i 31 capi di Stato riuniti hanno firmato la «Dichiarazione dell’Avana» in 83 punti che riaffermano la sovranità degli Stati latino-americani, la solidarietà con Cuba così come la lotta contro la povertà e le diseguaglianze. Peraltro va ricordato che la CELAC è stata creata nel 2010 come alternativa alla concorrente Organizzazione degli Stati Americani (OSA), creata nel 1948 e dominata dagli Stati Uniti, la quale dal 1962 esclude Cuba in quanto governata dai comunisti.
Tutti omaggiano Marti, Chavez e Castro
L’evento è stato l’occasione per dimostrare solidarietà a Cuba. In primo luogo attraverso gli incontri che il leader della rivoluzione cubana, Fidel Castro, ha realizzato con i presidenti della Bolivia, dell’Ecuador, del Brasile, dell’Argentina, del Venezuela, del Messico e del Suriname. Ban Ki-Moon, segretario generale delle Nazioni Unite, ha egli stesso incontrato il “Comandante en jefe”. I due hanno concordato circa la necessità della prospettiva di un mondo di pace, di solidarietà e di sviluppo sociale. Ban Ki-Moon ha celebrato i grandi risultati di Cuba in termini di educazione, di sanità e di sviluppo sociale, sottolineando il suo sforzo per fare vivere la solidarietà tra le nazioni come anche la concretizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio decretati dall’ONU nel 2000. Il leader venezuelano Nicolas Maduro, il premier boliviano Evo Morales, l’uruguaiano José Mujica e il comandante nicaraguense Daniel Ortega hanno inoltre accompagnato Raul Castro alla testa di una sfilata di diverse decine di migliaia di giovani cubani nell’ambito della «Marcia delle torce», l’omaggio annuale all’eroe dell’indipendenza cubana e leader dell’ex-Partito Rivoluzionario Cubano, José Marti. L’ultimo atto simbolico è stato invece l’omaggio reso allo scomparso presidente venezuelano, il “Comandante eterno” Hugo Chavez – amico fedele di Cuba – da parte di Raul, che lo ha definito un «umanista instancabile che ha lottato contro l’esclusione, la povertà e per lo sviluppo della regione». Un intento che è stato inoltre concretizzato con l’edificazione di un museo in suo onore, visitato dall’insieme dei capi di Stato.
Ribadita la lotta all’imperialismo
Al di là degli omaggi simbolici, il tenore dei discorsi, le risoluzioni votate, l’impressione di unanimità intorno a questo incontro, hanno marcato un nuovo passo nella direzione di una vicinanza dell’intero continente al fianco di Cuba e contro i tentativi d’isolamento dell’Isola da parte degli Stati Uniti. Innanzitutto gli Stati della CELAC hanno espresso la loro gratitudine formale circa l’eccellente organizzazione del vertice. Tutti hanno poi firmato la dichiarazione di sostegno a Cuba per esigere il ritiro del blocco americano risalente al 1962 e ancor oggi vigente, che ha messo in discussione il diritto internazionale (punto 52 della Dichiarazione). Allo stesso modo, la CELAC ha domandato il ritiro di Cuba dalla lista degli Stati “terroristi” secondo gli Stati Uniti (punto 41). Occorre in tal senso ricordare come si sia dovuto aspettare addirittura il 2008 affinché il comunista sudafricano Nelson Mandela, leader della lotta all’apartheid, fosse stralciato da questa lista! I contenuti essenziali relativi ai punti sottolineati da Raul Castro nel suo discorso introduttivo sono stati adottati all’interno della «Dichiarazione». È stata anzitutto emblematica la riaffermazione, al punto 1, del diritto «di ciascun popolo a scegliere la sua forma di organizzazione politica ed economica»: si tratta di un chiaro riferimento all’attitudine del capitalismo nordamericano nei confronti del socialismo cubano. In seguito, va segnalata la proclamazione dell’America latina come «Zona della pace» (punto 53), come anche la segnalazione dei passi positivi verso la pace intrapresi in Colombia tra il governo e le FARC, sotto l’egida di Cuba (punto 56). In diversi punti della dichiarazione ha trovato spazio l’insistenza sulle problematiche sociali: la lotta contro la povertà, il lavoro infantile, l’esclusione dei nativi americani e dei discendenti degli africani, la fame, l’analfabetismo, come anche la lotta per una protezione sociale, una sanità e un’educazione per tutti. La lotta contro l’imperialismo è stata ugualmente fatta oggetto di diverse considerazioni, in primo luogo attraverso il richiamo della Risoluzione 1514 delle Nazioni Unite del 1960, che richiamava la necessità che l’America latina diventasse «territorio liberato da tutte le colonie». Tuttavia ciò non corrisponde ancora alla realtà. È stata quindi l’occasione di riaffermare l’attualità della lotta per l’indipendenza di Porto Rico (punto 38), per il ritorno delle isole Malvinas (Falklands) all’Argentina (punto 50) e per il ritiro delle basi militari statunitensi nella regione, come anche la creazione di un continente libero da tutte le armi nucleari.
«Il socialismo è possibile, e Cuba n’è la miglior prova» (Daniel Ortega)
Gli omaggi a Cuba si sono moltiplicati durante il vertice, il boliviano Morales e l’ecuadoregno Rafael Correa hanno salutato il “combattente della rivoluzione” Fidel, e il presidente venezuelano Maduro ha ricordato il legame indissolubile tra il proprio paese e Cuba. Il richiamo più vibrante è giunto probabilmente sul versante storico. Il leader della rivoluzione sandinista del Nicaragua, Daniel Ortega, ha infatti dichiarato che «la CELAC è un sogno, in questa Cuba socialista, libera, indipendente, solidale, grazie all’eroismo e alla resistenza di un popolo» e ha continuato: «Il socialismo è possibile, e Cuba n’è la miglior prova»! Al di là delle valutazioni relative all’egemonia regionale, il Brasile, sesta economia del mondo, ha portato un sostegno aperto a Cuba durante il vertice, richiamando alla necessità del rafforzamento degli scambi e domandando un sostegno supplementare da parte dei medici cubani. Comunque sia, il fatto che gli Stati latino-americani esprimano in blocco la loro solidarietà con Cuba marca una rottura: non è più Cuba che è isolata in America, lo sono semmai e sempre di più proprio gli Stati Uniti, il cui modello economico e sociale e la cui arroganza imperialista non reggono ormai più.
Dall’Avana a Pechino per maggiore cooperazione
La Repubblica Popolare Cinese, già strettissima alleata di numerosi paesi latinoamericani, in primis Cuba e Venezuela per il loro legame ideologico con il Partito Comunista Cinese, ha espresso attraverso il portavoce del ministro degli esteri di Pechino, Hong Lei, la volontà di lavorare con la CELAC nell’ottica di costruire il forum comune deciso all’Avana, possibilmente prima della fine del 2014. Quello che i governi anti-imperialisti latinoamericani desiderano è un’unità integrale e una collaborazione totale e organica con il gigante asiatico sulla base di un modello di cooperazione win-win. La Svizzera non è lontana da queste aspirazioni. Sono infatti due i sodalizi che stanno seguendo con attenzione questi progetti: da un lato troviamo l’associazione svizzera “ALBA SUIZA” che si occupa delle relazioni di solidarietà fra la Confederazione e i paesi latinoamericani, dall’altra l’associazione ticinese “Nuova Cooperazione” specializzata nella cooperazione triangolare.