Strada in salita per gli operai metalmeccanici svizzeri

Con la manifestazione del 22 settembre scorso a Berna si può considerare ufficialmente aperta la campagna per il rinnovo della Convenzione dell’Industria Metalmeccanica (CIM). Davanti a palazzo federale, più di 5’000 operai hanno partecipato al meeting organizzato dal sindacati Unia per dare voce al suo nuovo pupillo, il consigliere nazionale socialista Corrado Pardini.

Il rinnovo del contratto collettivo nel settore della produzione di macchine e componenti meccanici può essere considerato come un importante indicatore dello stato di salute del movimento operaio. Nel settore vi è una delle tradizioni sindacali maggiormete radicate di tutto il paese. Sebbene la pace del lavoro è sancita in modo assoluto, la convenzione prevede una rappresentanza delle maestranze in azienda, eletta dalla base.

Da un punto di vista materiale, il padronato ha ancora pochi diritti da riprendersi, essendo la CIM sprovvista di salari minimi, gli orari sono sempre più flessibili “tra le 42 e le 45 ore a settimana”, non vi è prepensionamento ed è stato già sacrificato il rincaro dei salari. Inoltre il governo svizzero si rifiuta di conferire l’obbligatorietà generale alla CIM, per cui molte aziende non sono tenute a rispettare alcun contratto, semplicemente perché non sono affiliate all’associazione di categoria, la Swissmem.

La convenzione, che è in vigore dal 1937, si applica a 130’000 lavoratori e lavoratrici del nostro paese. L’accordo contrattuale riunisce da anni i maggior sindacati Unia, Syna (il corrispondente confederato dell’Ocst ticinese) e SIC da un lato e l’associazione padronale Swissmem dall’altro. Nessuna delle tre organizzazioni sindacali offre però delle garanzie di lotta per promuovere la difesa degli interessi dei lavoratori e le lavoratrici.

I tre sindacati si presentano alle trattative divisi, senza disporre di un pacchetto rivendicativo comune e unitario, scaturito dalla volontà delle maestranze. L’incapacità deii sindacati di favorire l’unità e la presa di coscienza nei momenti di rinnovo è la loro principale debolezza.

Le industrie metalmeccaniche sono tra le più ricche e redditizie del paese. Nonostante dispongano di favori fiscali ed amministrativi, non sono mai sazie di profitti e ai lavoratori non concedono nemmeno più le briciole. Swissmem chiede l’applicazione sistematica dell’orario di crisi, ossia dueore in più a settimana, non pagate! Inutile quindi sperare, come fanno sia il Partito Socialista sia l’Unione Sindacale Svizzera, che con l’aumentodel cambio fisso Euro-Franco a 1.4 (misura peraltro osteggiata dal Partito Comunista), i padroni faranno beneficienza concendendo una partedell’incremento dei profitti agli operai.

Ancora una volta, imbrigliati nelle matasse della burocrazia e della legge, agli operai sembra proprio che non resti altra via che la lotta per i propri diritti e le condizioni di lavoro. Un primo sciopero è stato fatto ad inizio 2011 alla Trasfor di Molinazzo di Monteggio, ora bisognerebbe che anche nelle altre industrie si prenda in mano la situazione, lottando con dignità per i propri interessi di classe e per il futuro dei più giovani.

Sul fronte politico il Partito Comunista ha già fatto sapere di sostenere i lavoratori e le lavoratrici ed i settori più combattivi del sindacalismo nostrano. Ciò era già visibile alla manifestazione del 22 settembre con una folta delegazione fra i lavoratori di comunisti, soprattutto esponenti della Gioventù Comunista.

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