Arlind Lokaj oggi ha 17 anni, è nato a Locarno e vive a Giubiasco dove gioca a calcio nella locale società sportiva e dove si è fatto apprezzare dagli amici. Quando aveva 4 anni suo padre lo porta in Kosovo, strappandolo alla madre dalla quale aveva divorziato e che abita in Ticino. Quando il ragazzo ha 13 anni torna nel nostro Paese dalla madre e il padre annuncia che non lo rivuole indietro. L’autorità però ha negato il ricongiungimento familiare con la madre e non gli rilascia alcun permesso: Arlind sarà quindi espulso dalla Svizzera e dovrà tornare – minorenne! – da solo in Kosovo dove non ha nessuno ad accoglierlo. La sua storia è sulla bocca di tutti in Ticino, 300 persone sono già scese in piazza a Bellinzona di fronte a Palazzo delle Orsoline per chiedere al governo di rivalutare il caso e una petizione con più di 1’660 firme è pure stata consegnata alla Cancelleria dello Stato e una pagina Facebook aggiorna gli amici della situazione.
Cavalli, Lucchini e Del Don muovono i politici
Le istituzioni, inizialmente silenti, piano piano cominciano a interessarsene, ma controvoglia e sollecitate dal Partito Comunista e del Partito Socialista. Assieme a una interrogazione, rimasta ancora inevasa, del granconsigliere socialista Francesco Cavalli, si è mosso il giovane politico Alessandro Lucchini, consigliere comunale comunista di Giubiasco, che lunedì 9 dicembre è intervenuto con forza chiedendo al legislativo del borgo in cui vive Arlind di chinarsi sul tema e votare una risoluzione di solidarietà al ragazzo dando quindi mandato al Municipio capitanato dal sindaco Andrea Bersani di intervenire sulle autorità cantonali per fare pressione e trovare una soluzione umanitaria. La stragrande maggioranza dei politici giubiaschesi hanno però seguito il no di Bersani: solo alcuni socialisti, il consigliere comunale verde e una esponente PPD si sono effettivamente schierati con Lucchini. Il consiglio comunale di Giubiasco non entra così nel merito della proposta e volta le spalle al ragazzo sottoposto a questa ingiusta decisione. Anche due consiglieri comunali del Partito Socialista hanno rifiutato di solidarizzare col giovane kosovaro unendosi così alla destra, una scelta che ha fatto scatenare le ire del Partito Comunista che ha lamentato una mancanza di unità a sinistra anche su temi umanitari! E infine arriva un’altra interrogazione dal fronte politico opposto (che è peraltro responsabile della recrudescenza delle leggi anti-straniero votate dal popolo e che oggi vanno a colpire un ragazzo innocente come Arlind): proprio l’UDC, con il suo deputato Orlando Del Don. Nel frattempo il Partito Comunista (PC) ha diramato una nota in cui ufficializza la propria linea contro il rimpatrio di Arlind, mentre il gruppetto capitanato da Donatello Poggi, la “Lega degli Indignati”, chiede l’immediata espulsione del ragazzo.
Una mozione urgente ma tardiva
Giovedì 12 dicembre alla sera è la volta dei partiti che formano gruppo nel Granconsiglio ticinese: PS, PLR, PPD e Verdi firmano una mozione urgente che chiede al Consiglio di Stato di concedere un permesso straordinario. Il problema è che la misura è estremamente tardiva: la mozione potrebbe essere discussa, infatti, solo dopo il 15 dicembre, data termine per Arlind. E’ solo una mossa propagandistica da parte dei partiti per farsi vedere sensibili su un caso che ha fatto clamore, ben sapendo che non potrebbe essere affrontata in tempo utile e quindi non produrre risultati concreti? Non lo sappiamo e speriamo di no, certo è che il segretario del PC Massimiliano Ay – forse insospettito da questo modo di agire dei partiti storici – ha subito preso carta e penna e ha scritto a Paolo Beltraminelli, presidente del Consiglio di Stato e agli altri quattro ministri, chiedendo loro di auto-convocarsi urgentemente e in forma straordinaria già il giorno successivo, venerdì 13 dicembre, per deliberare nei sensi richiesti dalla mozione. I sospetti di Massimiliano Ay sono stati identificati anche dal portale TicinoLibero (link) che in un editoriale ha infatti scritto: “Di primo acchito sembrerebbe che i capigruppo (…) si stiano mobilitando come non mai per aiutare Arlind Lokaj. Infatti i ‘4 moschettieri’ nel tardo pomeriggio hanno comunicato ai media la loro mozione urgente a sostegno di Arlind per aiutarlo a rimanere in Ticino.Tutto bene? Forse. Ma la domanda molto semplice che ci poniamo è: piuttosto di preparare una mozione urgente, Christian Vitta non poteva semplicemente telefonare alla consigliera di Stato Laura Sadis, Fiorenzo Dadò telefonare al presidente del governo Paolo Beltraminelli e Pelin Kandemir Bordoli al consigliere di Stato socialista Manuele Bertoli (…)? È essenziale, se non si vuole fare solo retorica, che domani, venerdì 13 dicembre, il Consiglio di Stato intervenga urgentemente per sospendere la procedura di espulsione e dia un permesso umanitario al giovane kosovaro (in questo senso vanno interpretate la mozione urgente dei quattro capigruppo, quanto la “lettera aperta” di Massimiliano Ay)” e ancora: “Nessuno, crediamo, vorrà fare del marketing politico su questa vicenda. Ora il presidente del Consiglio di Stato, il cattolico Paolo Beltraminelli, potrebbe chiedere ai suoi colleghi di governo in modo celere di chinarsi sulla questione trovando una soluzione”.
E Vitta delega a Gobbi…
“Considerando che è comunque un caso che è pubblico, essendoci ora una mozione a cui rispondere immagino che prima di eventualmente procedere il dipartimento faccia ancora una valutazione”. Così replica il capogruppo PLR Vitta al portale TicinoLibero. Tradotto dal “politichese” significa che i partiti hanno fatto la mozione urgente per dare un segnale politico (e forse per tenersi buono gli elettori) ma che non richiameranno all’ordine i loro ministri, lasciando che sia il solo Norman Gobbi, come consigliere di stato competente del dossier, a cambiare idea. Ma il leghista Gobbi, notoriamente favorevole a una politica restrittiva ai danni degli immigrati non sembra voler cedere, nascondendosi dietro una legge iniqua, che peraltro permetterebbe di “graziare” in via eccezionale questo ragazzo. Gobbi però ha già detto che fare un’eccezione per Arlind genererebbe il “caos”… di quale caos si tratti in redazione non riusciamo a capirlo, se non quello di deludere qualche razzista incallito che continua a votare Lega.
E ora?
Arlind Lokaj è riuscito a far discutere non solo di sé ma di tutto un sistema sbagliato di trattare le persone come fossero numeri. E forse così riuscirà a far capire, indirettamente, a qualche cittadino che ha votato le leggi contro gli stranieri impaurito dalla sirene della destra nazionalista che queste vanno a colpire molto spesso vittime innocenti, come nostri amici, compagni di scuola, colleghi di lavoro, ben integrati e che contribuiscono al benessere collettivo della comunità. Ora in molti potrebbero tirare un sospiro di sollievo perché ad Arlind è stato concesso una proroga di 3 mesi… ma attenzione fra 3 mesi i problemi potrebbero ripresentarsi identici e le autorità potrebbero giocare sulla “memoria corta” delle persone e sulla rassegnazione. Inoltre potrebbero attendere che il ragazzo compia 18 anni, diventando così maggiorenne e teoricamente non più necessariamente “dipendente” da un genitore. E’ molto importante quindi che i partiti storici non tradiscano e che votino davvero e al più presto la mozione presentata dai capigruppo, ma soprattutto sarà importante che Bertoli, Beltraminelli e Sadis si mettano contro Gobbi e Zali, prendendo una decisione a maggioranza. In caso contrario Arlind sarebbe in seria difficoltà: non è quindi il momento della collegialità ma della responsabilità dei ministri democratici del centro e della sinistra! I giovani, che sono il fulcro di questo movimento, in forma unitaria e spontanea hanno saputo non solo far emergere il sentimento dell’amicizia e della solidarietà in una società che per quanto multiculturale è spesso individualista e menefreghista, ma hanno creato un rapporto di forza che ha costretto le autorità perlomeno a temporeggiare e a occuparsi del caso. Ora però bisogna che questo movimento non si lasci illudere dalle belle parole, resti unito fino a quando Arlind non avrà in mano il permesso definitivo e se necessario sappia ancora farsi sentire, in piazza, andando a cercare tutti – ma proprio tutti – qualsiasi sia l’etnia e l’appartenenza politica per impedire che il governo non risponda.